giovedì 9 febbraio 2012

Love at The First Sight: Vico Magistretti

Ciao a tutti, oggi vorrei parlare di Vico Magistretti,  uno tra i padri fondatori del “Made in Italy”, quel fenomeno culturale e produttivo unico al mondo per dinamicità e per durata nel tempo, che ebbe inizio nell’immediato dopoguerra e lanciò lo stile della casa italiana nel mondo. Un periodo magico per il design italiano caratterizzato da uno speciale rapporto di stretta collaborazione tra produttori e designers.

La firma di Magistretti  è associata a pezzi storici dell’Italian Design,  apprezzati in tutto il mondo per modernità e essenzialità. In  oltre cinquant’anni ha disegnato alcuni tra i prodotti più significativi della produzione di serie: sedie, lampade, tavoli, letti, cucine, armadi, librerie, oggetti reinventati nell’uso e nelle forme, secondo uno stile misurato ed elegante destinati a rivoluzionare la produzione d’arredo in Italia, influendo in modo determinante anche sul gusto degli italiani e sulle loro abitudini.

Della sua vita e delle sue opere potrei parlarvi per settimane nel blog, ma cercherò di riassumerle in questo post, sperando che possano avere la stessa efficacia…

Vico Mgistretti nasce il 6 ottobre. Proviene da una famiglia di architetti da molte generazioni: il suo bisavolo Gaetano Besia ha costruito il Reale Collegio delle Fanciulle Nobili a Milano; suo padre, Pier Giulio Magistretti, ha partecipato alla progettazione dell’Arengario di piazza del Duomo. Dopo il liceo nel 1939 si iscrive al Politecnico, dove insegnano personaggi di grande spicco nel panorama architettonico dell'epoca come Gio Ponti, ma per evitare la deportazione in Germania tra il 1943 e il 1944 decide, come molti intellettuali dell'epoca, di allontanarsi dal proprio paese e si trasferisce in Svizzera dove, nel Champ Universitarie Italien di Losanna, ha modo di seguire alcuni corsi accademici. Risale a quel periodo la sua frequentazione con Ernesto Nathan Rogers, che rimarrà nel ricordo dell'architetto come persona chiave della sua formazione intellettuale.

Nel 1945 torna a Milano, dove il 2 agosto dello stesso anno si laurea in Architettura presso il Politecnico. Inizia subito l'attività professionale nello studio del padre, l’architetto Piergiulio Magistretti . Sono gli anni della ricostruzione post bellica, che lo vedono impegnato sul doppio fronte dell'associazionismo culturale (nel 1946 è tra i promotori del MSA-Movimento Studi di Architettura) e dell'attività professionale, inizialmente svolta soprattutto nel campo dell'edilizia sovvenzionata dell’INA-Casa, del QT8 con il quartiere reduci d'Africa e della chiesa di Santa Maria Nascente. Partecipa alle Triennali confermandosi una delle più brillanti presenze fra gli esponenti della "terza generazione". Sempre di quel periodo sono la realizzazione di due degli edifici più significativi della sua attività professionale a Milano: la torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni) e il palazzo per uffici in corso Europa (1955-57); a questi si aggiungeranno negli anni successivi altri numerosi interventi di particolare rilevanza, tra i quali, nel 1962-64, le torri di piazzale Aquileia. Nel 1956 è tra i soci fondatori dell'ADI, l'Associazione per il Disegno Industriale. Nel 1959 fa parte della giuria del Premio Compasso d'Oro assieme ad altri illustrissime personalità.

Dagli anni ’60 in poi l'attività di architetto, di insegnante, di direttore per moltissimi anni della storica rivista Domus e di conferenziere in tutto il mondo, è sempre più affiancata a quella di designer: Magistretti era sempre più concentrato sul tema della casa e dell’abitare, in tutte le dimensioni, declinata in oggetti  ideati con passione e partecipazione, con attenzione alla qualità del dettaglio. Fondamentale il rapporto con le aziende: soprattutto Artemide, ma anche DePadova, Cassina, Flou, Kartel, FontanaArte, Gavina, Oluce e Schiffini. Suoi alcuni tra i prodotti più significativi della produzione di serie del disegno industriale italiano: sedie, lampade, tavoli, letti, cucine, armadi, librerie. Quasi tutti sono ancora in produzione e, tra di loro, molti sono i bestseller, a conferma del suo motto: “un oggetto di buon design deve durare a lungo, anche 100 anni”. Per la sua formazione razionalista Vico Magistretti è sempre stato interessato al design per la grande serie, al grande numero destinato a un vasto pubblico: affascinato dalla riproducibilità di un oggetto, più che dall’unicità di un singolo pezzo.

Dal 1967 e membro dell'Accademia di San Luca e del Royal College of Art di Londra, dove è anche visiting professor e Senior Fellow. Nel 1986 è Honorary Fellow Honoris Cause del R.I.A.S. di Aberdeen. Nel 1992 è Honorary Royal Designer for Industry della R.S.A. di Londra.
Ha ricevuto numerosi e notevoli premi: Medaglia d'Oro alla IX Triennale nel '51, Compasso d'oro nel 1967 con la lampada Eclisse, nel '79 con la lampada Atollo e per il divano Maralunga di Cassina, Compasso d'oro alla carriera nel '95; due Medaglie d'oro e d'argento al Wiener Möbelsalons International 1970; Sedia d'oro al Möbelsalons di Colonia 1982; Gold medal S.I.A.D. (Society of Industrial Artists and Designers) di Londra nel 1986, Medaglia d'oro Apostolo del Design Milano, 1997.

Le sue opere di design sono presenti nelle collezioni permanenti del MOMA di New York e di altri 13 musei americani ed europei. In suo onore, nel 2007, è stato istituito da Maddalena De Padova, il premio a lui intitolato. Muore, il 19 settembre 2006, dopo una lunga malattia a 85 anni.

Sono celebri alcune sue citazioni:
“Ho dovuto fare, quasi sempre, del design per la necessità di completare o arredare gli edifici da me progettati e costruiti sotto una spinta di necessità, che è sempre buona consigliera nel cercare la semplicità, quasi che gli oggetti progettati dovessi costruirli con le mie mani”

"La semplicità la cosa più difficile del mondo"

"Nel design ciò che conta è il concetto espresso con uno schizzo". Da uno schizzo alla forma concreta: Magistretti non ha mai fatto disegni tecnici, ma schizzi che esprimono un’idea. Convinto che certi pezzi siano concettualmente così chiari e semplici da poter essere comunicati per telefono. E gli schizzi, a volte tracciati casualmente sul retro di una busta o su un biglietto della metropolitana, sottolineano tutto il percorso espositivo. È il suo personale modo di lavorare, colloquiando con i tecnici e con i produttori, per un confronto e uno scambio di idee sulla realizzazione di un prodotto: "Design vuol dire anche parlare assieme".

"Negli anni Sessanta la produzione di serie è stata un passaggio chiave per l’Italian Design, che ha avuto la fortuna di realizzare il criterio sociale del Bauhaus: produrre mobili per tutti".

Di seguito alcune tra le sue opere di design più celebri:



A chi gli ha chiesto quale oggetto vorrebbe aver progettato (intervista De Padova) Magistretti risponde: "L'ombrello. Penso che chi ha inventato l'ombrello sia straordinario. Tra l'altro, ai tempi, la chiesa proibiva di coprirsi la testa perché questo impediva al Padreterno di mandare giù acqua e far bagnare la gente”. Perché proprio l'ombrello? “Per la semplicità dell'ombrello, il niente dell'ombrello, la tensione dell'ombrello, che lo rendono l'oggetto che io vorrei aver disegnato più di tutti. Invece, ho finito per disegnare quella scemata di lampada, l'Eclisse, che però dura ancora, perché ha segnato, anche con le scottature sulle dita, qualche generazione. Questa è un bella soddisfazione, ti dà il senso dell'oggetto prodotto perché, evidentemente, rispondeva a una qualche necessità che non aveva niente di stilistico”.

Ciao, a presto,
Marta

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